l’archetypal branding coinvolge la parte più emozionale di noi
cosa c’entrano il mondo della filosofia, della psicologia e degli archetipi con il branding?
facciamo un passo alla volta. per prima cosa dobbiamo definire con chiarezza cos’è un archetipo. in questo, la Treccani ci viene in aiuto. tolte le prime due spiegazioni di cosa sia un archetipo, soffermiamoci sulla terza: “Nel pensiero dello psichiatra e psicologo svizz. C. G. Jung (1875-1961), immagine primordiale contenuta nell’inconscio collettivo, la quale riunisce le esperienze della specie umana e della vita animale che la precedette, costituendo gli elementi simbolici delle favole, delle leggende e dei sogni”.
in poche parole, quell’inconscio collettivo non è altro che una serie di idee innate che ognuno di noi possiede e che ci porta ad organizzare la conoscenza secondo modelli predeterminati innati.
Jung identifica 12 archetipi: l’Innocente, l’Esploratore, il Saggio, l’Eroe, il Ribelle, il Mago, l’Uomo Comune, l’Amante, il Burlone, l’Angelo Custode, il Creatore, il Sovrano.
il libro del 2022 “The hero and the Outlaw: building extraordinary brands through the power of archetypes” di Margaret Mark e Carol S. Pearson ha portato chiaramente alla luce come i brand di maggiore successo siano quelli costruiti sugli archetipi e sul loro potere evocativo, capace di entrare in contatto con i valori inconsci delle persone.
il marketing ha quindi iniziato a costruire sui 12 archetipi la narrazione di marca, capace di accendere diverse tipologie di consumatori.
i 12 archetipi sono stati suddivisi in 4 gruppi, ognuno associato ad un bisogno fondamentale:
Stabilità e Strutturazione (dare struttura e ordine alle cose): Angelo Custode, Sovrano, Creatore.
Libertà e Indipendenza (aspira al paradiso): Innocente, Saggio, Esploratore.
Sfida e Cambiamento (lasciare un segno): Ribelle, Mago, Eroe.
Connessione e Appartenenza (entrare in connessione con gli altri): Amante, Burlone, Uomo Comune.
l’archetypal branding coinvolge la parte più emozionale di noi
perché è importante per il branding e dunque per il marketing utilizzare gli archetipi nella comunicazione rivolta al target?
scegliere, tra i 12 archetipi junghiani quello che identifica il valore che il brand desidera trasmettere alla sua clientela (effettiva o potenziale), permette di fare leva sulle emozioni primarie e sui bisogni primordiali da soddisfare.
dal momento che gli archetipi rispondono ai desideri delle persone, per i brand risulta più facile creare una connessione e un legame tra le necessità del proprio target e ciò che il brand offre, che si tratti di un prodotto o di un servizio.
questa associazione apre però uno scenario delicato. è conveniente per i brand scegliere un archetipo “a tavolino” e costruirci sopra la propria proposta e la promessa fata al mercato? la risposta è semplice: no, non è conveniente. non è conveniente nel senso che alla base del processo d’acquisto esiste un sottinteso rapporto di fiducia che si instaura tra brand e consumatore. se il mondo valoriale che il brand comunica non trova conferma nelle esperienze che le persone hanno quanto interagiscono con la marca, si può aver scelto l’archetipo più bello del mondo ma la fiducia crolla e il processo d’acquisto ne risente.
bisogna ricordarsi sempre che è il brand che si fa portavoce del proprio insito valore-archetipo, non è il valore-archetipo che si appiccica al brand solo per creare belle campagne pubblicitarie fini a se stesse.