Ivrea è uno di quei luoghi che fanno dell’Italia il paese caleidoscopico che è.

una cittadina di provincia, bagnata dalla Dorea Baltea, ai piedi delle Alpi, luogo di approdo per chi cerca la maestosità del Gran Paradiso e la curiosità di un carnevale famoso in tutto il mondo, dove più che le maschere, ad essere protagonista è la battaglia delle arance.

è proprio a Ivrea che, nel 1908, prende forma uno degli esempi più fulgidi dell’Italia imprenditoriale: la Olivetti, “la prima fabbrica nazionale di macchine per scrivere”. il fondatore è Camillo Olivetti, ma a lasciare davvero il segno e a dare alla Olivetti un’impronta internazionale e una visione del tutto nuova è suo figlio, Adriano.

“la fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica.”

Adriano Olivetti è uno di quegli imprenditori che arrivano in questa dimensione spazio-temporale e la definiscono, marchiandola con la propria presenza. un pioniere, un illuminato, un precursore, direbbero in molti. in realtà, semplicemente un uomo. Adriano Olivetti è semplicemente e magnificamente un uomo che per primo ha capito una cosa che era sotto gli occhi di tutti: l’azienda è fatta da persone. a queste persone dunque va riconosciuto un valore e un ruolo centrale. riconoscerlo però non basta. occorrono azioni concrete che supportino le parole.

queste azioni concrete per Olivetti furono: introduzione dell’assistenza sanitaria e sociale, servizi culturali, incontri con studiosi e psicologici, mensa, biblioteca, creazione di una comunità, condivisione di obiettivi e ideali, valorizzazione del talento di ognuno.

Olivetti fece della formazione, intesa come sviluppo professionale ma anche come arricchimento della persona, il fondamento della sua visione del lavoro. capì per primo che un’impresa non può essere solo raggiungimento del profitto, quanto luogo nel quale coltivare i talenti di tutti. il profitto non va abbandonato, certo, ma lo si può raggiungere grazie all’investimento sul capitale più importante che esiste: le risorse umane.

questo ideale di felicità collettiva, grazie alla quale le persone sono messe nelle condizioni di lavorare meglio, ha fatto di quella Olivetti una delle aziende più desiderate: sia da chi già lavorava al suo interno, sia da chi la osservava da fuori.

Adriano è morto troppo presto e non ha potuto veder maturare la propria idea all’interno di una società che stava iniziando a massimizzare i profitti trascurando sempre di più i bisogni delle persone, ma possiamo affermare che è stato uno dei primi artefici di quell’employer branding a volte solo sbandierato e non davvero perseguito.