nel 1979 a Urbino nasce un pargolo destinato a cambiare la storia dello sport in generale e del motociclismo in particolare. sarebbe bello pensare che alla base della sua leggenda ci sia stata la voglia di riempire di magia un cognome davvero comune in Italia ma la realtà, seguire le orme del padre e assecondare un talento naturale, non cambia di una virgola il significato di quello che il sig. Valentino Rossi ha fatto nella sua lunga carriera.

Valentino cresce a Tavullia, provincia di Pesaro e Urbino, in mezzo ai motori. il padre Graziano è stato un pilota di moto a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 e porta nel mondo del figlio la passione per le ruote; se le prime esperienze avvengono sulle quattro ruote di un go-kart, saranno le due ruote a costruire la sua leggenda.

come tutti i piloti che bussano poco più che ragazzi nel mondo dei grandi, anche Valentino inizia a far gavetta e a macinare asfalto gareggiando nelle minimoto. il ragazzo però è davvero forte e dopo vittorie a raffica nelle diverse categorie giovanili, a 16 anni esordisce nel motomondiale in sella a un’Aprilia RS 125 R del team privato AGV. nel 1997 passa alla squadra ufficiale Aprilia Racing e a 18 anni si laurea campione del mondo. sarà il primo titolo dei 9 totali ottenuti, unico pilota nella storia, in tutte le classi: 125, 250, 500 e Moto GP.

è evidente che quando si parla di Valentino Rossi c’è una costante: i numeri. i numeri raccontano di lui e di quello che significa essere lui.

i 9 titoli mondiali sopracitati sono la combinazione di 115 vittorie e 235 podi ottenuti in 26 stagioni sempre in sella. è il primo italiano, e unico fino ad oggi, ad avere vinto la 8 ore di Suzuka nel 2001.

ma c’è un numero che identifica Valentino Rossi sopra ogni cosa, un numero che è diventato il suo alter ego, un numero capace di parlare al posto di Valentino, un numero diventato simbolo: il quarantasei.

il 46 è Valentino Rossi. leggenda narra che scelse questo numero perché era quello con cui il padre vinse la sua prima gara nel 1979, anno di nascita di Valentino stesso. ma chi lo conosce bene afferma che un giovane Valentino, durante la visione notturna di una gara motociclistica giapponese, vide un pilota con il 46 partire ultimo e alla fine trionfare. la voglia di omaggiare quell’impresa diede il via all’epopea.

il 46 è il brand Valentino Rossi. ad ogni latitudine del globo, vedere il 46 giallo su una carena, un adesivo, un cappellino, una t-shirt, un manifesto, una rivista, in televisione, collega le persone immediatamente a lui e a tutto quello che pensano di lui. non c’è neanche bisogno di aggiungere nome e cognome a quelle due cifre per collegarle alla persona in carne e ossa.

il 46 è simbolo di tutto quello che è Valentino: velocità, gioco, competizione, carattere estroverso, sfida, vittorie, sconfitte, scivolate e risalite, scivoloni e redenzioni. tutto questo in un solo numero? sì.

quando un simbolo è forte è in grado di trasmettere i valori, le peculiarità, i concetti di quel brand (e Valentino lo è a tutti gli effetti). il simbolo, nella sua semplicità, si fa portavoce del tutto, delle sfumature, della complessità, dell’essenza.

il simbolo è l’unica cosa sempre presente all’interno di ogni strumento di comunicazione. perché racconta senza usare fiumi di parole. perché trasmette un mondo intero incarnando un codice che accomuna lingue, culture, religioni, persone diverse.

il simbolo rappresenta dunque un elemento strategico dell’identità e della comunicazione. è per questo motivo che non va lasciato al caso o scelto alla cieca in mezzo a un mazzo di proposte omologate e senz’anima. al simbolo si chiede di parlare al posto del brand; fare in modo che quella voce venga ricordata è decisamente essenziale.