e ha deciso di seguire la sua voce interiore. per lasciare il segno.
metti che la tua più grande passione sia l’atletica. precisamente il salto in alto. sì, certo, stai studiando ingegneria, e anche questo avrà la sua importanza nella storia, ma quella disciplina antica dove ripeti gli stessi movimenti centinaia, migliaia, forse milioni di volte, è parte della tua vita. la concentrazione prima del salto, le mani che battono a tempo per chiamare il sostegno del pubblico, la pista di atletica che si allarga mentre l’asticella che devi superare si staglia in lontananza, piccolo enorme ostacolo. metti anche che da quando ti alleni la tecnica del salto e di scavalcamento di quella barra orizzontale così delicata e pronta a cadere a ogni minimo sospiro sia una: correre frontalmente e saltare di ventre, di pancia, come la maggior parte delle persone affronta le cose, la vita.
sì, qualcuno ha provato a cambiare lo stile, l’approccio, ma i risultati, deludenti, hanno riportato tutto allo status quo. quello che ti insegnano gli allenatori. quello che fai fatica a cambiare perché nessuno ti ascolta o ti dà credito. semplicemente si è sempre fatto così e così si deve fare. ma tu sei un pioniere. uno che decide che è arrivato il momento di cambiare la storia. riscriverla. mettere un punto sulla linea temporale: da oggi in poi niente sarà più come prima. e quel punto, Dick Fosbury, studente di ingegneria originario dell’Oregon, sceglie di fissarlo non in un giorno qualsiasi, ma il 20 ottobre del 1968, durante le Olimpiadi di Città del Messico. un’Olimpiade che passerà alla storia per diversi motivi, sportivi ma anche e soprattutto politici.
Dick è lì, su quella pista di atletica dove manca il fiato, perché un’Olimpiade a più di 2.000 metri di altezza è già una cosa da pazzi. scarpe dello sponsor rigorosamente di due colori diversi, una bianca e una scura, inizia la sua rincorsa, non frontale ma curvilinea per velocizzare tutta l’esecuzione, e al momento dello stacco volge la schiena all’asta, sprigionando un’energia centrifuga e un’elevazione che lo portano, con 2 metri e 24 cm al terzo tentativo, a vincere la medaglia d’oro.
da lì, complice la vittoria, niente sarà più come prima. basta salti ventrali, solo salti Fosbury flop, il nuovo rivoluzionario stile. perché se vinci e lo fai frullando il mondo intero, ti meriti pure che il tuo nome venga legato in eterno a quella disciplina. Fosbury ha osato. non ha avuto paura di essere se stesso. dopo anni di risultati mediocri saltando alla vecchia maniera, era uno dei peggiori della squadra e in Messico ci arrivò da perfetto sconosciuto, ha seguito la sua voce interiore, mettendo in pratica un metodo sperimentato e vissuto sul campo e studiato anche a tavolino, da buon ingegnere con conoscenze di biomeccanica.
la sua storia, un mix di Leonardo e Einstein, non ha molto da aggiungere a quello che già si sa: “all’inizio mi presero tutti per pazzo, ma poi…”.